La Dignità Perduta
Circa a Giugno del 2001 se non erro progettai di morire con il gas, una sera presi la punto, caricai i vestiti di seta sintetica che da poco avevo comprato e caricai una bombola di gas nel baule.
Trovai una piazzola deserta lungo il fiume e provai a telefonare a Silvia Bet, io non so dove era non lo chiesi era molto sulle sue ma mi disse che le aveva fatto piacere che la avevo chiamata, era come per me l’ultima chiamata prima di morire e non ne parlai con lei di quello che stavo per fare.
Presi i vestiti cercai una zona vicino al fiume senza erba e iniziai a dare fuoco ai vestiti sottili e leggeri in seta che avevo preso per me.
Con me doveva finire tutto quello che era di me e quello che amavo e non dovevo amare.
Guardavo i vestiti bruciare e sulla strada si era fermata una panda, spensi subito il fuoco lasciai li i vestiti mezzi bruciati allontanandomi con la macchina in una zona più solitaria.
Presi la bombola di gas chiusi i finestrini e mi sdraiai sul sedile posteriore aprendo leggermente la bombola di gas, solo un filo per evitare lo scoppio, volevo fare una morte dormendo.
Mi addormentai con il gas e con il sole di prima mattina trovai del vomito in auto e io ero ancora vivo senza sapere neanche il motivo, dalla bombola aveva smesso di uscire gas.
Mi rimisi alla guida della punto chiusi la bombola e il mio cellulare appena arrivò in una zona che prendeva suonava all’impazzata era mio padre che non vedendomi arrivare alla notte erano stati in pena per me.
Arrivai a casa scaricai la bombola e dissi che avevo provato suicidarmi, mio padre mi disse dell’ idiota e se ne andò.
Andai dal dottore e l’idea era di tornare in casa di cura dove avevo conosciuto Silvia Bet.
Arrivato la e essendo pieno di rancore verso di lei la ritrovai ricoverata la io le andai vicino e non parlai.
Cercavo di starle vicino ma ero impotente lei si era messo con un’altra persona ricoverata la, non ero interessato a lei ma cercavo solo di recuperare la mia dignità che avevo perduto e non ci sono mai rìuscito forse.
Alla sera lei era imbestialita al telefono e parlava di me, diceva forse con sua sorella che la ero andata a cercare, io anche se sapevo che era incazzata con me cercavo in una qualche maniera di ritrovare il mio valore difronte a lei.
Ero entrato in competizione con lei cercavo di leggere come faceva lei, lei era una accanita lettrice, questo mi affascinava molto di lei, cercavo di fare lo stesso ma quando provavo a farlo perdevo ulteriormente il mio valore.
Decisi di farmi mettere nel reparto chiuso per non vederla ma quando la porta era aperta in giardino andavo da lei e non facevo altro che irritarla o portarla a ignorarmi completamente.
Firmai e me ne andai dalla casa di cura, la chiamai e le chiesi per quanto ne aveva ancora perchè non volevo più stare la quando c’era lei, ci urlammo adosso non trovammom un accordo e non la vidi mai più.
Stavo male ma ero tornato a lavorare.
Oggi che scrivo questo ricordo non so perchè ancora da allora sto cercando il mio valore ai suoi occhi quando lei non esiste più, l’idea della superdonna è scomparsa ma è rimasta l’idea di riprendermi il mio valore per una donna che ho cercato e ambito tanto, il suo rifiuto si è tramutato in una rabbia che ancora oggi mi da energia e voglia di combattere.